07/04/12

Post-it

La mia psico una volta mi aveva consigliato di mettere in un vaso dei sassi ogni volta che facevo qualcosa che mi spaventava o che superavo delle difficoltà. I sassi dovevano preferibilmente essere di dimensioni diverse a seconda del "grado di paura". Oltre all'immenso casino di camera mia dove risulta difficile trovare una superficie libera per posizionare ogni tipo di oggetto, la verità e che l'ho fondamentalmente sempre trovata un'immensa cazzata.
Riflettendoci dopo quasi un anno, devo ammettere che tendo a dimenticare le mie conquiste con una rapidità agghiacciante e riesco invece a segnare su un post-it mentale con una precisione maniacale ogni mia sconfitta, delusione, resa.
Una delle cose che mi fa sentire più stupida è continuare ad avere l'ingenua idea irremovibile che se sei una persona buona, o cerchi di esserlo il più possibile, le cose brutte non ti capitino. Ogni volta devo raccogliere i pezzi e constatare che non funziona così, e una vocina molto silenziosa mi ripete che forse non sono stata buona abbastanza. (grazie mamma per avermi mandata a catechismo e avermi donato questo imprinting punitivo, porco cazzo).
Le cose brutte capitano lo stesso. A tutti. E' un meccanismo caotico ed inevitabile. E forse il fatto di non avere come unica aspirazione una borsa di Louis Vuitton mi ha concesso sufficienti risorse per riuscire ancora a ridere un sacco e non smettere di provare ad essere felice.

Due anni fa mio padre ha tentato il suicidio. E lo ha fatto dopo aver lasciato il lavoro, dopo aver dormito due notti in stazione ed essersi presentato qui a casa solo e disperato con tutto quello che gli rimaneva di importante in uno zaino. E' stato qui 2 mesi e mezzo. Io piangevo tutti i giorni a causa di quell'estraneo che si aggirava per casa. Così se ne è andato, in una specie di casa famiglia. Il 14 agosto si è legato un filo per stendere il bucato al collo e si è lanciato. Il carabiniere di Loiano era un ragazzone altissimo e imbarazzato, estremamente gentile ma senza il sufficiente tatto per risparmiarci la frase "vedete..lì c'è ancora il sangue di dove è caduto". Al Maggiore mio padre ripeteva che forse l'avevano picchiato per rubargli i soldi, non si ricordava nulla. E poi il tempo è passato. Su equilibri fragilissimi, di ospedali psichiatrici, richieste di soldi e il finale "non possiamo più tenerlo". Dopo quasi 30 anni ho capito che non mi ha abbandonato perchè è una persona di merda, ma solo perchè ha una malattia psicologica di merda. Ho iniziato a metabolizzare la mia rabbia e a provare pena, che forse è anche un po' peggio. Perchè ho un filo per stendere il bucato attorcigliato alla gola che appena incrocia i suoi occhi stanchi si tende e mi toglie il respiro. Quindi lo evito. Disperatamente. Ma quella pena di cui parlavo prima a volte costringe la mia testa a prendere un'immensa boccata di ossigeno e preparasi all'apnea. Non so mai di cosa parlargli. Continuo a pensare che sarebbe meglio se fosse morto, così mi sarei dovuta adattare ad una situazione definita e non a continui cambiamenti e nuovi drammi. Poi inaspettatamente ogni volta succede qualcosa di giusto, un sussidio per l'affitto, un piccolo lavoro che gli permette di andare avanti qualche mese. E allora decido di non occuparmene, fingo di dimenticarmene, e va tutto meglio.

Non so se avessi fatto quel famoso vaso quanto grande sarebbe il sasso di aver scritto le cose che non dico mai.
Però, in maniera un po' stupida, tutte le volte che mi accorgo di essere una persona così allegra, di ridere così tanto, e di potermi sentire - anche se a intermittenza - così felice, mi fa venire voglia di abbracciarmi da sola, e ripetermi mille volte che ce la farò.
Passerà tutto. Se ho ancora così voglia di essere felice lo sarò.

Anche se non avrò mai una borsa di Luis Vuitton.
Del resto il marrone è un colore che dovrebbe non esistere.

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